martedì 26 ottobre 2010

La Chiesa che vuole servire Dio e Mammona

L’economia turistica di un paese di montagna, Sappada, come molti investimenti in una località di mare, Lignano, dipendono dalla scelte della diocesi di Udine. Fino a qualche mese fa c’era un prete, don Luigi Fabbro, a capo di una società a scopo di lucro, che costruisce condomini, impianti sportivi, parcheggi sotterranei, alberghi, colonie e altro ancora. Ma come don Fabbro a Udine, quanti sono i preti, i vescovi, i cardinali finanzieri in seno alle diocesi italiane e a quelle del Nord ricco del mondo?
Vorrei che ci fosse ancora la capacità di scandalizzarsi per il vergognoso compromesso tra Dio e Mammona, che la Chiesa cattolica ha accettato e praticato nel corso dei secoli. E invece i cattolici anagrafici e, peggio ancora, i fedeli bigotti non si stupiscono affatto degli scandali dello Ior, delle vendite truffaldine di palazzi di proprietà dei dicasteri vaticani, degli investimenti borsistici a carattere speculativo, del riciclaggio di denaro da chissà dove proveniente. Anzi molti di loro pensano che fare affari e saper far fruttare il denaro in proficui guadagni sia un segno di benedizione divina. Non si spiega altrimenti la “vocazione” di un movimento cattolico benvoluto da papa Wojtyla e sostenuto anche da Ratzinger, che da decenni si dedica ad incrementare le proprie rendite in tanti campi del capitalismo e si è insediato senza scrupoli nei punti nevralgici del potere, appoggiando ed approfittando dei favori del berlusconismo senza scrupoli e senza morale. Parlo di Comunione e Liberazione, movimento fondato da un prete milanese, don Luigi Giussani, che sembrava dover portare dentro alla società la purezza degli ideali cristiani in contrapposizione alla deriva provocata dal Sessantotto, e invece ha rappresentato e rappresenta la “furbizia” di saper contemperare la fedele devozione alla Chiesa con la capacità di arricchirsi e arricchire la propria congregazione.  Questo e altri movimenti ecclesiali dimenticano senza scrupoli il divieto espresso da Gesù: “Non potete servire a due padroni, a Dio e Mammona (Lc. 16,13). Se leggiamo e ascoltiamo il vangelo non possiamo non capire quale è stato l’invito più pressante di Gesù ai suoi discepoli: il distacco dai beni e dalle preoccupazioni di questo mondo per amare Dio e realizzare il suo Regno di amore e fraternità.
E allora conserviamo la capacità di scandalizzarci, come la ebbe Lutero nel 1500, se la Chiesa che si richiama a Gesù Cristo, e anzi spesso pretende di essere la vera e unica interprete del suo messaggio, non vuole recidere il legame che la rende serva del denaro e della preoccupazione di aumentare i beni propri per mantenersi soprattutto nell’apparato gerarchico. Scandaloso è avere una banca in vaticano; scandaloso è fare speculazioni immobiliari vendendo e costruendo case e palazzi; scandaloso è investire le offerte dei fedeli in borsa; scandaloso è utilizzare l’8 per mille nel mantenimento del clero anziché nell’aiuto dei poveri; scandaloso è fare mercimonio di santi, madonne e luoghi di culto per incamerare denaro; scandaloso è evadere le tasse dello Stato.  Come può essere credibile la predicazione di una Chiesa che fa il contrario di quanto dice il suo fondatore? Per fortuna lo Spirito che guida il cammino dei credenti in Gesù nel corso della storia, nonostante il potere e l’opulenza ecclesiastica, ha saputo suscitare testimoni della fedeltà al vangelo, del distacco da Mammona. Anche in questi anni c’è una Chiesa povera e distaccata dai beni e dal potere che rende credibile il messaggio di Gesù. Penso alle comunità cristiane del terzo mondo, dove è possibile predicare “beati voi poveri” essendo come loro, senza doversi vergognare; penso ai tanti cristiani, anche nel nostro ricco mondo del Nord del pianeta, che praticano il distacco dai beni e utilizzano il denaro e le proprietà a servizio di chi ha bisogno.  Sono questi i testimoni della contemporaneità del messaggio proclamato duemila anni fa da Gesù, non il papa e i cardinali uniti con lui nel lusso del Vaticano.

Lucio Eicher Clere

3 commenti:

  1. L'argomento 'ricchezze' è sempre un punto dolente, quando è collegato alla religione e, nello specifico, alla storia del Cristianesimo, sin dalle origini religione degli umili, per gli umili, senza alcuna pretesa (anzi!) di godere di potere temporale, politico o economico.
    La storia della Cristianità predominante degli ultimi 20 secoli mal si concilia con gli Scritti Sacri del Fondatore e con il Suo Spirito di mitezza, di coraggio morale, di integrità e di spiritualità, di ricerca di un rapporto diretto, sincero, amorevole, umile, rispettoso verso Dio e i propri simili. Uno Spirito che non ispira certo a ricercare onori, glorie e ricchezze terrene al fine di auto-esaltarsi, di apparire migliori dei propri consimili, di consumare e consumarsi in un materialismo sfrenato ed egoistico su cui si basa gran parte della nostra società occidentale (con risultati ovvi e recentissimamente sentiti).
    Dobbiamo farci ricchezze in cielo, non sulla terra! Dobbiamo mettere il regno dei cieli al primo posto, non il 'nostro' personale regno in cui aspiriamo alla ricchezza, al lusso da SuperEnalotto, GrattaeVinci o WinforLife (non a caso esplosi in questi ultimi anni). Questo significa anche, tra le altre cose, ricercare le 'ricchezze', i beni materiali, nel modo giusto, per il motivo giusto, con i giusti fini morali e spirituali ritenuti appropriati dal Signore.

    Come sempre accade, tuttavia, gli uomini, lasciati a se stessi, alle proprie idee e al proprio orgoglio, pendono da due estremi senza mai fermarsi nel virtuoso mezzo di latina memoria: da un lato, l'aspirazione alle ricchezze, al lusso, all'orgoglio, al potere, al guadagno, che non risparmia né gli atei né la storia di un certo Cristianesimo; dall'altro, un ascetismo economico che rigetta in toto ciò che, invece, può essere il frutto onesto di un duro lavoro volto a sostenere la propria famiglia, a offrire opportunità educative e lavorative utili e buone e, soprattutto, a essere in grado di aiutare altri in difficoltà. Se tutti sono poveri, chi aiuta i poveri? Se nessuno ha nulla, chi aiuta i disastrati, chi offre aiuti umanitari, chi può donare? ...

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  2. ... "L'AMORE del denaro è la radice di ogni male" (1 Tim. 6:10).

    Non il denaro in sé, strumento tanto neutro, inerte e potenzialmente foriero di bene, di opportunità, di crescita personale e di prosperità sociale quanto un computer o la TV (difficile immaginarlo oggiogiorno, ma potrebbe esserlo!). Il denaro è un mezzo. Il problema, come sempre, è quando gli uomini mutano i mezzi in fini, e il denaro, con tutta la sua coorte satanica di potere, guadagno, oppressione, guerre, violenza e sopraffazione dell'uomo sull'uomo, diviene il fine della vita, il fine del lavoro, la dimora del nostro cuore e dei nostri affetti.

    Triste vedere come molti 'seguaci' del Cristo di Nazaret abbiano contraddetto l'aut-aut 'O Dio, o Mammona'. Molti scelgono un compromesso impossibile, molti altri scelgono direttamente il secondo padrone, svendendo la loro anima per il proverbiale piatto di lenticchie, qualsiasi forma esso abbia nel XXI secolo.

    Alcune Scritture ci illuminano e ci danno una visione diversa di come le ricchezze, usate bene e cercate con la giusta motivazione, potrebbero benedire il mondo, invece di maledirlo:

    "Ma prima di cercare le ricchezze, cercate il regno di Dio.

    E dopo aver ottenuto una speranza in Cristo, voi otterrete le ricchezze, se le cercate; e le cercherete con l'intento di fare il bene — di rivestire gli ignudi, di nutrire gli affamati, di liberare gli schiavi e di prestare soccorso agli ammalati e agli afflitti" (Giacobbe 2:18-19).

    "Non cercare le ricchezze ma la saggezza, ed ecco, i misteri di Dio ti saranno svelati, e allora diventerai ricco. Ecco, colui che ha la vita eterna è ricco" (DeA 6:7).

    "Ma guai ai ricchi, che son ricchi in quanto alle cose del mondo. Poiché per il fatto che son ricchi, essi disprezzano i poveri e perseguitano i miti, e il loro cuore è nei loro tesori; pertanto il loro tesoro è il loro dio. Ed ecco, anche il loro tesoro perirà insieme a loro" (2 Nefi 9:30).

    La Chiesa di Cristo guarda al denaro come a un mezzo per servire il popolo di Dio e tutti i Suoi figli, credenti e non, Cristiani e non, nel bisogno, per sostenere e soccorrere le vittime di disastri naturali, per benedire la vita delle persone, per dare opportunità, non per arricchire pochi, non per speculare, per pagare tasse (la parte che spetta a Cesare) di cui una comunità-nazione si serve (certo, l'Italia potrebbe migliorare giusto un poco, in questo, ma non toglie nulla al diritto-dovere di versare le tasse che dobbiamo, in piena onestà, come Cristo stesso insegnò) senza dimenticare le offerte della decima e di digiuno per edificare il regno di Dio e mantenerlo indipendente, anche economicamente, da quello di Mammona.

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  3. Nel piano del Vangelo, i ricchi devono divenire umili e aiutare i poveri, i poveri devono essere innalzati (sempre in umiltà e gratitudine, cosa non facile) tramite questo aiuto, resi in grado di sorreggersi sulle proprie gambe, auto-sufficienti, con una rinnovata autostima e una nuova speranza di costruirsi una vita migliore.

    Il nostro cuore non deve essere riposto nel denaro (mero mezzo per aiutare la nostra famiglia e gli altri e per crescere in ogni buona opportunità di miglioramento personale). Questo fa la differenza: dove è il nostro cuore? Chi viene al primo posto? Quale regno cerchiamo di edificare per primo? Amiamo Dio più del denaro? Amiamo il nostro prossimo più del denaro?

    La legge di consacrazione, suprema legge del regno dei cieli e della Sion che profeti, poeti, sacerdoti e re d'Israele hanno sempre cantato e cercato, prevede, infatti, che 'non vi siano poveri tra essi', che tutti abbiano il necessario, che nessuno prevalga sugli altri, che non vi siano contese, disuguaglianza, squilibri, invidie, lotte, causate dall'amore per il denaro e per le ricchezze sopra l'amore per Dio, per Cristo e per i propri fratelli e sorelle, tutti 'ugualmente partecipi del dono celeste' (4 Nefi 1).

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