domenica 15 maggio 2011

Il palco trionfale e i profughi rifiutati


Se ci fosse stato bisogno di una dimostrazione di come e quanto la Chiesa gerarchica sia narcisisticamente interessata a se stessa e lontana dalla radicalità evangelica, questo lo si è visto nella visita di Benedetto XVI ad Aquileia e Venezia. Un fine settimana successivo ai clamori mediatici della beatificazione di Karol Wojtyla e volutamente tenuto alto nella spettacolarità e nella esibizione della capacità mobilitatrice di masse.  Per chi conosce la situazione delle comunità parrocchiali e delle diocesi nel Nordest la contraddizione di questa “chiesa trionfante” è evidente. Parrocchie vuote e piazze oceaniche. Magari con la convinzione di qualche dirigente ecclesiale che “ci siamo ancora; siamo ancora capaci di radunare folle”. Si è speso una cifra spropositata per la coreografia al Parco di San Giuliano a Mestre: c’è chi ha detto un milione di euro, per una messa! Come molti cristiani e altri indifferenti alla fede, sono rimasto basito nel leggere queste cifre. Ma non era più logico e coerente con la realtà dimessa di questa comunità ecclesiale veneta e friulana che il papa venisse alla chetichella, celebrando messa nelle stupende basiliche di Aquileia e di San Marco, senza spendere niente? Qualcuno obietterà che le critiche agli sprechi erano state rivolte anche a Gesù, nell’episodio di Betania, quando una donna gli versò dell’unguento sul capo, sostenendo che il ricavato di quel profumo poteva essere dato ai poveri. E Gesù rispose: “I poveri li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete”. (Mc.14, 3-9)  Ma è proprio nella parole “i poveri li avete sempre con voi” che risalata la lontananza della gerarchia dal vangelo. Le parole che Benedetto XVI si è sentito di dire ad un Veneto egoista e ostile ai terroni e ai negri, sul dovere di accogliere i profughi, sono cadute nel vuoto di una folla più attenta a provare la consolazione del cuore, per il conforto della religiosità di massa, che non a tradurre in pratica il consiglio. Il papa se n’è andato, le sue parole sono volate nel vento della laguna e i cattolici benpensati e i loro “pastori”sono tornati alla pratica religiosa abitudinaria. Infatti pochi giorni dopo se n’è avuta riprova quando hanno cominciato ad arrivare in Veneto i pullman dei fuggiaschi dal Nord Africa. Il direttore della Caritas di Belluno ha declinato l’invito ad ospitarne ancora nelle strutture della diocesi (case per ferie, canoniche,  stabili di vario genere) perché ne aveva già accolti 12 (diconsi dodici!) in un appartamento di Feltre. E non solo non si è levata contro questo burocrate una voce di rimprovero, ma la dirigenza diocesana e le inutili decine di preti sparsi in giro per i paesi della provincia non si sono fatti avanti per mettere in pratica le parole evengeliche “ero pellegrino e mi avete ospitato”. Troppo impegnati a preparare prime comunioni e cresime; troppo indaffarati a completare la benedizione delle case e racimolare euro per sistemare chiese e canoniche. E i loro fedeli non sono certo più sensibili all’accoglienza dei bisognosi. Un sindaco, sicuramente interpretando il “comune sentire” della maggioranza leghistofila, ha dissuaso un albergatore, che si era dichiarato disponibile ad ospitare nel suo albergo alcune decine di profughi, dal farlo,  “perché deve tutelare la sicurezza della propria comunità”. E chissà che lui ed altri politici della stessa risma non siano stati in rappresentanza della società veneta al parco San Giuliano di Mestre o nella chiesa della Salute a Venezia. Il palco trionfale e le masse plaudenti sono soltanto un effimera verniciatura di colore su una chiesa cadente. Verrebbe da dire, pensando a Gesù, una imbiancatura su di un sepolcro. Lo abbiamo già constatato a cosa siano serviti giubilei, sinodi, adunate giovanili. Dopo l’esplosione di entusiasmo momentaneo le comunità hanno continuato  lo stanco e incoerente percorso di sempre. E con questo non si vuole disprezzare quanto di positivo e di autenticamente evangelico si sta facendo in molte parrocchie e comunità. Ma proprio perché questo è minimo e spesso delegato al volontariato non serve esibirlo con raduni spettacolari. Anch’io, insieme a tanti, dico che quel milione di euro per il trionfo papale di san Giuliano a Mestre, come altri milioni buttati via in pubblicità per l’Istituto del sostentamento del Clero, avrebbe dovuto essere dato ai poveri e a far diventare la Chiesa povera e umile, come richiede la fedeltà al vangelo.
Lucio Eicher Clere

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