domenica 7 novembre 2010

La "Sacra famiglia" non può essere un modello

La consacrazione della stupenda cattedrale di Barcellona, la Sagrada Familia di Antoni Gaudì, ha riportato l’attenzione, oltre che sulla grandiosità dell’opera, in continua lavorazione da più di cent’anni, sulle parole del papa Benedetto XVI sulla famiglia e le tematiche che ad essa sono connesse. Nei discorsi del papa ed in generale dei vescovi c’è molta attenzione nei confronti delle problematiche che si incentrano sul nucleo primario che unisce due individui e costituisce la concreta possibilità di generare nuovi uomini e quindi la continuità della specie.
Una attenzione che spesso è condizionata dalla visione negativa della sessualità, che ha caratterizzato e ancora caratterizza certa teologia e molta predicazione cattolica. Anche se alcune amnesie nei confronti di personaggi pubblici, come il capo del governo italiano e altri suoi sodali, che sarebbero degni di scomunica, secondo la morale tradizionale della Chiesa, e invece sono comunque compresi e perdonati perché garantiscono buone offerte e privilegi di potere, lasciano il dubbio sulla coerenza e profeticità di certi discorsi gerarchici riguardanti i temi della famiglia.
Ma un argomento, che non può non lasciare dubbiosi e perplessi quanti ritengano centrale la famiglia nell’amore tra due individui (non importa se etero o omosessuali) e nella costruzione di una società equilibrata e responsabile, è la proposta che la Chiesa cattolica fa della “Sacra Famiglia” come ideale da imitare per tutte le famiglie cristiane.
Se penso alla famiglia che Giuseppe e Maria costituirono duemila anni fa, mi viene logico ritenere che, essendo persone normali del popolo ebreo, credessero alla benedizione di Dio, che consisteva  nell’avere figli per la continuità della promessa fatta ad Abramo da Jahvè: “E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni. (Gn 17,6). “Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui per essere il Dio suo e della discendenza dopo di lui. (Gn 17, 19)”. Non mi ha mai convinto la novellistica dei vangeli dell’infanzia sia ufficiali che apocrifi, che identificano Giuseppe come un vecchio con la barba bianca, quasi fosse un frate tolto dal convento per accudire una adolescente, a cui era capitato di rimenere incinta in modo misterioso ed incomprensibile. Come non mi ha mai convinto la spiegazione che i “fratelli di Gesù”, di cui racconta in particolare il vangelo di Marco, capitolo 6, versetto 3, “Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?” siano in realtà dei cugini, perché nella lingua aramaica la parola poteva essere ambivalente. Da credente nell’amore di Dio, che ha tanto amato gli uomini da farsi loro fratello nella carne di Gesù di Nazareth, non riesco a pensare ad una famiglia “sacra”, dove Dio abbia voluto escludere la sessualità perché suo figlio non ne fosse contaminato. Anzi mi pare molto normale, nello stile dell’alleanza di Dio con gli uomini raccontata dalla Bibbia, che Giuseppe e Maria, pur avendo aderito con l’oscurità della fede alla chiamata di Dio sul loro figlio Gesù, abbiano avuto una normale vita di coppia, con numerosi figli e nipoti. La scelta di Gesù e del primo divulgatore del Cristianesimo, Paolo di Tarso, di rinunciare alla sessualità ed alla formazione di una famiglia è da considerarsi una eccezione, da inquadrare nella rinuncia ai beni di questo mondo in favore del Regno, che Gesù poneva come ideale assoluto. La normalità di una famiglia, invece, è quella di Giuseppe e Maria che, oltre a Gesù, hanno avuto tanti altri figli dentro ad un sereno e normale rapporto matrimoniale. Perciò proporre la “Sacra Famiglia” come modello da imitare, se ci si riferisce ad un Giuseppe casto e ad una Maria vergine prima, durante e dopo il parto, è assurdo per una normale famiglia di donne e uomini nella storia, ma è anche eretico perché tende a imporre a Dio concetti che non gli corrispondono.
E’ difficile per una gerarchia ecclesiastica, che ha ritenuto per secoli la sessualità una condizione di peccaminosità derivante dal peccato originale, proporre discorsi sereni attorno alla famiglia ed alla sessualità ad essa collegata per istinto naturale immesso dal Creatore. Ma se almeno togliessero quell’improponibile modello di “Sacra Famiglia”, da additare alle coppie di fedeli che ancora li ascolta…
Lucio Eicher Clere

Nessun commento:

Posta un commento