venerdì 6 marzo 2015

Don Lorenzo Milani santo



La citazione di una frase di don Lorenzo Milani, fatta dal segretario della Lega Nord Matteo Salvini nel comizio di Roma, “l’obbedienza non è più una virtù”, lascia sgomenti quanti hanno conosciuto le parole e le opere di don Lorenzo e conoscono quelle del becero capo di un partito razzista. Verrebbe naturale citare, per contrapposizione, un proverbio popolare, “scherza coi fanti (in questo caso i fantocci, i buffoni leghisti) e lascia stare i santi”. E proprio in riferimento ai santi, l’insulto di trascinare le parole di un profeta dentro agli squallidi istinti di una mandria xenofoba, fa sorgere un desiderio e un interrogativo che sarebbe giusto rivolgere a papa Francesco: “quando proclamerà santo Lorenzo Milani?”
Per capire la singolarità e la grandezza di quest’uomo, nato nel 1923 e morto nel 1967, bisogna salire per una stradina di mezza montagna, nel Mugello, e raggiungere Barbiana, cioè una chiesa con attigui la canonica e un casolare, dove don Milani esercitò la missione di sacerdote e maestro per una ventina d’anni. Un eremo nel bosco, che la Fondazione don Lorenzo Milani, presieduta da Michele Gesualdi, uno dei primi alunni della scuola, ha voluto conservare come era allora, testimonianza viva di una avventura irrepetibile. A Barbiana don Lorenzo ha voluto essere sepolto. Il minuscolo cimitero è poco più in basso della chiesa. Anche i suoi resti corporei sono diventati terra vicino a quelli di pochi contadini che abitarono quei casolari sperduti che formano la borgata del comune di Vicchio. L’ultima sepolta è stata Eda Pelagatti, sua collaboratrice, morta nel 2002. Sulla sua lapide c’è scritto: “Ha testimoniato con don Lorenzo Milani la parola di Dio e l’amore per i poveri”.
Che la vita di don Milani sia stata una testimonianza di santità evangelica è una evidenza per  tanti cristiani, soprattutto per quelli che non credono alle sorprese casuali chiamati miracoli, per cui si invocano Madonne di tutti i tipi e Santantoni e Padrepii di varia specializzazione prodigiosa, ma danno credito alla coerenza tra parole ed opere nella sequela di Gesù.
Come Francesco d’Assisi, che si svestì della ricchezza di famiglia per abbracciare “madonna povertà”, il benestante Lorenzo Milani decise a 19 anni di cambiare vita, facendosi prete, ma non come carrierista gerarchico, bensì per stare dalla parte degli ultimi. Gli anni da cappellano a San Donato di Calenzano, raccontati nel libro “Esperienze pastorali”, sono intrisi d’amore per i poveri e gli sfruttati. Quelle pagine furono stroncate dall’osservatore romano e da Civiltà cattolica e gli fruttarono la “promozione” a parroco di 40 anime a Barbiana. Da quell’eremo la voce del profeta Milani si sparse dovunque. I semi della sua testimonianza al servizio dei ragazzi di quell’angolo di Toscana povera e disprezzata, che lui seppe far crescere in sapienza e dignità civile, si sparsero in tutta Italia e dovunque si è conosciuta  la sua azione di maestro e sacerdote.
Santificare don Lorenzo Milani in questi anni di disfacimento della società italiana e occidentale, avrebbe un valore simbolico e di sottolineatura degli autentici valori cristiani.
“Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni”, frase tratta dalla “Lettera ai giudici”, che lo processarono per aver difeso gli obiettori di coscienza alla guerra ed al servizio militare, assieme ad altre schiette e profonde parole del santo sacerdote di Barbiana, possono essere proposte come programma di vita coerente per una  vera umanità libera , di fronte alla schiavitù imposta dal potere economico che propaganda il consumismo e l’edonismo indifferente alla sorte dei poveri e degli ultimi del pianeta della sofferenza.
Il suo essere stato testimone scomodo e controcorrente, fedele alla legge ma fiero di insegnare ai ragazzi la libertà di giudizio e di coscienza, ne fa un vero “cristiforme”, cioè un seguace di Gesù, che non cancellò la legge ebraica ma ne smascherò le ipocrisie e le incoerenze, fino a essere processato e rimetterci la vita.
“Severamente ortodosso e disciplinato e nello stesso tempo appassionatamente attento al presente e al futuro. Nessuno può accusarmi di eresia  o di indisciplina. Nessuno d’aver fatto carriera”. Ma proprio questa “carriera “ al contrario dovrebbe meritare per don Milani il cosiddetto “onore degli altari”. San Lorenzo Milani sarebbe un santo che pregheremmo in tanti volentieri.

Lucio Eicher Clere