domenica 26 ottobre 2014

No alle messe scolastiche: dalla parte di un preside




   Un dirigente scolastico del Cadore ha proibito una celebrazione liturgica cattolica per le scuole del suo istituto comprensivo, per rispetto dei ragazzi di altre religioni. Decisione legittima e degna di considerazione, sia dal punto di vista della separazione tra Stato e Chiesa, che del confronto aperto tra diverse visioni del rapporto individuale e sociale con la religiosità.
   Molte le critiche pervenute al preside da parte delle famiglie e dei rappresentanti istituzionali, che hanno visto nella sua presa di posizione un attacco alle tradizioni religiose di un popolo da sempre praticante della religione cattolica, oppure una prevaricazione nei confronti della maggioranza degli alunni, per un “non ben specificato agire politicamente corretto” nei riguardi delle minoranza etniche e religiose.
   Come per il crocefisso nelle aule scolastiche, che alcuni anni fa era diventato, anziché l’icona del mistero centrale della fede in Gesù di Nazareth, la bandiera dell’integralismo occidentale contro l’avanzata dell’Islam, le tematiche religiose non vengono affrontate per il loro contenuto, ma per una ipocrita forma di difesa delle pseudo identificazioni con un passato di vita sociale in cui la religione scandiva lo svolgersi dei giorni, che ormai è scomparso e totalmente dimenticato dalle generazioni del terzo millennio. Infatti a prendere posizione contro il preside, che assume un legittimo atto di indirizzo didattico, che nulla toglie alla eventuale appartenenza religiosa degli alunni cattolici, si sono fatti avanti sindaci che non vanno mai in chiesa, se non per farsi vedere con la fascia tricolore, genitori che non praticano la religione ma pretendono la sacramentalizzazione dei figli, con battesimo, prima comunione e cresima, benpensanti preoccupati solo di salvaguardare la facciata ipocrita di una società provinciale e svuotata di valori.
   Chi lavora nella scuola, in particolare nelle superiori dove gli alunni passano gli anni dell’adolescenza, sa quanto poco interessati siano i ragazzi alla religione ed ai riti che essa propone. Anche se la maggioranza opta per la partecipazione all’ora di religione cattolica, è evidente a tutti che dentro alle aule gli insegnanti scelti dalla Curia parlano di tutt’altro che di tematiche legate alla fede in Dio. Preoccupati di non perdere clienti e salvarsi il posto di insegnamento, questi  privilegiati si arrabattano a trattare argomenti piacevoli e con contenuti psico-sociali, per far passare ai ragazzi un’ora di relax mentale nelle mattinate di spiegazioni e compiti delle materie che contano per il voto finale e la promozione.  Da anni chiediamo ai ragazzi che fanno la cresima a fine delle Medie o agli inizi delle Superiori se vadano ancora in chiesa dopo quello che dovrebbe essere il “sacramento della confermazione”. Ebbene, la quasi totalità risponde con insofferenza che finalmente, dopo la cresima, si può abbandonare la frequentazione degli ambienti religiosi. Una constatazione che dovrebbero fare in primo luogo i preti ed i vescovi, ma che da decenni si rifiutano di dibattere e portare alla luce del sole, con cambiamento della prassi pastorale.
Il ritiro in disparte dei dirigenti ecclesiastici, che, per rispetto della sacralità dei riti religiosi, dovrebbero essi per primi rifiutarsi di celebrare messe di circostanza, preghiere prêt à porter, celebrazioni ad uso e consumo delle categorie richiedenti, come se la religione fosse una qualsiasi forma di folclore popolare, sarebbe un bel segnale di valorizzazione della religione autentica, quella che segue la coerenza evangelica predicata da Gesù Cristo. E la decisione di un preside che si oppone alle cerimonie religiose dovrebbe essere salutata con soddisfazione proprio da coloro che credono nel valore assoluto e misterico della ritualità legata al culto della divinità e la condivisione comunitaria di una fede individuale professata e vissuta con coerenza.
Per un credente cristiano anche il rispetto delle altre religioni è un valore importante da vivere con la legge dell’amore insegnata da Gesù.  Per troppi secoli il cattolicesimo ha praticato l’intolleranza e la condanna, proclamando “extra ecclesia nulla salus”. Meglio l’assenza di crocefissi nelle aule e una messa di circostanza in meno, che lo spregio dei contenuti del cristianesimo praticata dagli ipocriti che si richiamano ai “valori cristiani della nostra tradizione”.
Lucio Eicher Clere