Dopo anni di connivente silenzio riguardo alle abitudini ed allo stile di vita del capo del Governo italiano, Silvio Berlusconi, buon ultimo, dopo la diffusa condanna internazionale, è arrivato anche il richiamo del presidente dei vescovi italiani, nonché generale di Corpo d’armata in pensione dell’esercito italiano, Angelo Bagnasco. Non che si sia lanciato in duri anatemi, come hanno sempre fatto i suoi predecessori dei secoli passati contro peccatori ed eretici, scatenando i quaresimalisti a raccontare le pene dell’inferno che li avrebbero puniti. No, la gerarchia cattolica italiana usa sempre il linguaggio felpato e generico della diplomazia vaticana, abituata a parlare il linguaggio del potere e della convenienza. In tutti gli anni dello scempio berlusconiano, che ha ridotto la società italiana come ormai è inevitabile constatare, i dirigenti ecclesiastici non hanno mai parlato contro quel personaggio che ha favorito e praticato l’illegalità e ogni deriva morale, anzi hanno esplicitamente sostenuto il suo partito e le sue promesse da mercante, in cambio dei privilegi e dei favori.
Ora il presidente della Cei fa esplicito riferimento ai comportamenti dei politici invitandoli a “correggere abitudini e stili di vita”. Meglio tardi che mai. Ma purtroppo risuonano vuote le sue parole, perché sembrano dette quando tutto ormai è finito e si avvicina un cambiamento di partiti e persone nella politica italiana. Quasi una prenotazione a ricevere favori dai prossimi governanti.
Quanto sarebbe opportuno, invece, che le parole dei vescovi fossero coerenti con il loro stile di vita e con quello della Chiesa che essi dirigono. Comportamenti e stili di vita in questa situazione di crisi internazionale, dove la povertà e l’immigrazione giungono in occidente con ondate di profughi, ma le difficoltà si fanno sentire anche in tante famiglie del Nord del mondo, comporterebbero gesti di coerenza evangelica, come la rinuncia ai privilegi delle agevolazioni fiscali per le attività e gli edifici di proprietà del Vaticano e della varie diocesi; come il volontario rifiuto di quella quota dell’otto per mille prelevato anche dai redditi di chi non firma per la Chiesa cattolica; come l’abolizione di ogni spreco e sfarzo nei viaggi papali, tutta forma esteriore e nessuna sostanza di cambiamento. Perché il vescovo di Roma, quando esprime “dolore e condivisione” (ci mancherebbe che esprimesse gioia e indifferenza!) per le tragedie e la sofferenza dei poveri nel Sud del mondo è una campana stonata? Andasse per qualche settimana in Somalia, a condividere con i cristiani che patiscono la carestia in quel martoriato paese, vivendo nelle condizioni in cui alloggiano, mangiano, lavorano i missionari o i sacerdoti locali, organizzando in loco i soccorsi e sensibilizzando da lì le coscienze dei cristiani europei e americani, allora sì le sue parole risuonerebbero convincenti, perché legate ai gesti concreti. Le parole dei gerarchi cattolici invece non hanno riscontro, perché dette da incoerenti. Come fa il cardinale-generale Bagnasco a richiamare i politici a “correggere gli stili di vita”, quando lui è stato parte organica dell’esercito italiano, ordinario castrense, parificato in grado e in stipendio ad un generale di Corpo d’Armata? Cambiare stile di vita per lui e le decine di preti-servi dell’istituzione di morte che è l’esercito, vorrebbe dire cancellare l’abominio di una presenza dei rappresentanti della Chiesa di Gesù Cristo dentro alle caserme, nei luoghi dove ci si prepara alla guerra, all’assassinio programmato di uomini, donne e bambini; vorrebbe dire la rinuncia allo stipendio da parte del Ministero della Difesa e la proclamazione dell’incompatibilità fra appartenenza alla comunità cristiana e la professione di soldato; la cancellazione di quella criminale eresia che è il Seminario maggiore dell’Ordinariato militare in Italia, in cui dei giovani possono prepararsi a servire l’esercito in nome di Dio come cappellani militari. Lo farà mai il cardinale-generale Bagnasco? Le probabilità che egli “corregga le sue abitudini e stili di vita” è la stessa che si può attribuire a Berlusconi. Infatti sono fatti della stessa pasta del potere.
Lucio Eicher Clere
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