sabato 4 giugno 2011

“Fuori dal tempio”, per confermarsi nella fede



Don Pierluigi Di Piazza,  sacerdote della comunità parrocchiale di Zugliano, in periferia di Udine,  ma soprattutto uomo e cristiano che testimonia la coerenza tra fede in Gesù di Nazareth e i comportamenti individuali e comunitari, ha pubblicato un libro, per le edizioni Laterza, intitolato “Fuori dal tempio, la Chiesa al servizio dell’umanità”. Vi ha raccolto le riflessioni di un credente, formatosi spiritualmente e umanamente negli anni del dopo Concilio Vaticano II, investito di responsabilità, forse profeticamente, da un altro sacerdote originario della Carnia, don Toni Bellina, già all’inizio della sua scelta di mettersi a servizio della comunità come prete. Infatti don Bellina, “mahatma”, grande anima della friulanità che forse non esiste più, traduttore della Bibbia in friulano, prete controcorrente, aveva individuato in Pierluigi Di Piazza un interlocutore a cui suggerire la strada da percorrere come sacerdote fedele al vangelo. Innanzitutto gli spiegava che ce ne sono due comode: “non mettersi contro nessuno, fare funzioni religiose, dottrina…lasciare che la povera gente vada per la sua strada, poi ti chiameranno per il funerale. L’altra è quella di fregarsene della gente e mettersi dalla parte dei potenti: avrai soldi amici, ti faranno monsignore…avrai il potere di trovarti molto bene in questo mondo”. Ma don Bellina gli diceva qual è la strada consigliata: “Quella della verità, presentandoti come sei, devi dare una mano al popolo a liberarsi da tutte le catene che lo tengono prigioniero. Devi farlo crescere nella libertà, camminando davanti a lui verso la terra promessa. Se scegli questa strada ti troverai contro il vescovo, i preti, i politici, i padroni, i bigotti, forse anche i tuoi amici”. Don Pierluigi ha sicuramente seguito la terza via suggerita dal suo conterraneo, morto da alcuni anni a Basagliapenta.
Non è un prete barricadero, anche se è presente alle manifestazioni in difesa della dignità umana in tante piazze del Friuli e in altre località italiane, dove grida dai microfoni la critica contro il potere leghista-berlusconiano, che ha diffuso nella società del Nordest l’orgoglio del benessere come ideale, la diffidenza verso l’altro, l’oblio delle condizioni di povertà e insicurezza che hanno segnato generazioni di friulani e veneti, la dipendenza dall’effimero televisivo che ha invaso la quotidianità.
Non è un prete antiistituzionale, giacché ha svolto e svolge il suo incarico di responsabile parrocchiale, incardinato nella diocesi di Udine, senza trascurare nessuna delle mansioni che si è impegnato col suo vescovo a portare avanti a servizio della comunità: da quella richieste dalla routine di impiegato del sacro, battesimi, comunioni, cresime, matrimoni, funerali, alla animazione della vita parrocchiale con gruppi, catechismo, incontri formativi.
Nessuno lo rimprovera di trascuratezza, altrimenti tra il beghinismo conservatore e il conformismo cattolico benpensante ci sarebbe stata la processione per andare dal vescovo a chiedere la sua rimozione per inadempienza ai doveri ecclesiastici.
Non risulta che abbia avuto qualche tresca nascosta di tipo omo o eterosessuale, benchè egli riveli nei suoi scritti e nelle sue testimonianze la difficoltà a vivere la scelta celibataria, perché l’affettività e la sessualità sono un dono dell’amore di Dio agli uomini e rinunciarvi per imposizione è un’oppressione antiumana.
Non è un superbo o vanaglorioso, anzi la sua timidezza e la sua disponibilità all’ascolto di chi è più preparato ed esperto, caratterizzano la sua persona di fragilità e di ricerca.
Proprio per la “normalità” di prete, don Pierluigi ha l’autorevolezza e il carisma per raccontare ai tanti che lo conoscono e lo stimano, che si può e si deve vivere la vita cristiana “fuori dal tempio”. Gli spazi che egli ha contaminato nell’area di Zugliano, dove generazioni di cristiani hanno vissuto a loro modo e nel loro tempo la fede in Gesù, ha unito chiesa e campanile con case di accoglienza e di servizio ai bisogni dell’umanità povera e senza futuro, liturgia cattolica con preghiera islamica e buddista, incontri di culture e idealità diverse, senza la presunzione di possedere la verità.
Nel suo libro don Pierluigi racconta queste esperienze e riesce a far capire anche a quanti non avessero avuto modo di passare qualche ora nel Centro Balducci, che qui la Chiesa è incarnata dentro alla vita degli uomini, come dovrebbe essere una comunità che si richiama a Gesù di Nazareth. Per chi ritiene che la religione sia un fatto privato o una ritualità da compiere dentro alle mura dei templi, una messa, come quella che ho avuto la felicità spirituale di vivere il giorno di Pentecoste dello scorso anno nella sala del Centro Balducci, sarebbe giudicata irriverente. Infatti si è passati dalle testimonianze di malati di mente e operatori ( per me vero offertorio di esistenze impastate di dolore e fatica) alle parole della memoria della cena: “prese il pane, lo diede ai suoi discepoli e disse… prese il calice del vino e disse…”. Ho fatto la comunione quel giorno perché mi sono sentito in comunione con la Chiesa che cammina nella storia dell’umanità e che si lascia guidare dallo Spirito più che dalle convenienze, dalle esigenze strutturali, dall’ubbidienza al potere gerarchico.
Lucio Eicher Clere

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