La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha annullato una sentenza precedente, che stabiliva di rimuovere i crocefissi dalle aule scolastiche per rispetto degli alunni non cristiani e della distinzione tra Stato e religione, riconoscendo allo Stato italiano la facoltà di imporre per legge l’esposizione nelle aule scolastiche ed in altri luoghi pubblici dell’immagine della croce e dell’uomo Gesù. Questo simbolo, secondo la Corte europea è “irrilevante, non esercita nessun influsso sugli studenti”. Per i politici opportunisti che hanno gridato vittoria per questa sentenza, così come per i cosiddetti “atei devoti” che si interessano di religione soltanto per formalismo esteriore, questa motivazione è la conferma di un uso strumentale del simbolo della religione cristiana, utilizzata come elemento aggregativo di una tradizione europea conservatrice, e collante di pseudo valori morali ipocriti, proclamati per il perbenismo sociale e trascurati poi nella pratica dei singoli e delle famiglie. Ma per cosa possa esprimere soddisfazione il presidente della Cei, il generale di corpo d’armata in pensione Angelo Bagnasco, che ha parlato di “una sentenza importante, di grande buon senso”, non ci è dato capire. Infatti che una Corte pilatesca affermi che ogni Stato al proprio interno può comportarsi come meglio crede in tema di esibizione dei simboli religiosi, anche contro il diritto di minoranze di altre fedi che potrebbero non gradirli negli spazi pubblici laici, fa parte dell’ipocrisia del potere. Ma che la dirigenza cattolica gioisca nel sentir definire il crocefisso un simbolo indifferente è paradossale. In verità, per chi lavora nelle scuole, la constatazione che i crocefissi nelle aule siano dei simboli ignorati e non calcolati probabilmente neppure dagli insegnanti di religione, è un dato di fatto. Così come lo è, proprio negli anni delle scuole superiori post-cresima, il definitivo abbandono della pratica religiosa negli adolescenti. E’ mia abitudine da oltre 30 anni, cioè dal tempo in cui lavoro a contatto con studenti di una scuola superiore, chiedere ad ognuno se abbia fatto la cresima e se continui a frequentare la chiesa. Tutti mi rispondono che l’hanno fatta, e quasi tutti che, per loro fortuna, si sono liberati dall’obbligo di frequentare il catechismo in vista di questo, che definisco “appuntamento iniziatico alla vita scristianizzata”: il sacramento della de-confermazione. In un unico caso mi è capitato di vedere un ragazzo interessato al crocefisso di un aula. Ma a modo suo, in una forma che sarebbe stata perseguibile come oltraggio ad un simbolo della religione cattolica. Infatti questo ragazzo friulano, in preda ad una crisi emotiva, si rivolse bestemmiando verso il crocefisso, lo staccò dalla parete, ci sputò sopra e voleva spezzarlo. Anziché punirlo per il gesto, cercai di capirne le motivazioni e collegarle anche al ricordo di un messaggio religioso, dove Gesù non era la causa delle disgrazie o delle sofferenze che il ragazzo stava provando, anzi semmai il simbolo delle vittime della violenza e dell’odio.
Il crocefisso per i credenti in Gesù non può essere un’immagine indifferente. Per questo esporlo nelle aule scolastiche, nei tribunali, in altri luoghi pubblici è offensivo nei confronti della fede cristiana.
Finita l’era della civiltà contadina, dove i crocefissi erano punti di riferimento di una vita quotidiana contrassegnata dalla religione, ci eravamo abituati ad un ritiro in disparte, un ritorno nei luoghi della comunità dei credenti, dove il crocefisso parla ancora un linguaggio riconoscibile. Ma i calcoli utilitaristici di qualche politicante, in giacca e cravatta o veste talare, vuole esibirli dovunque, con la stessa irriverenza che si nota in una croce d’oro sul petto di un mafioso o di una donna che vende il suo corpo. I crocefissi non possono essere degradati a oggetti simbolici ad uso e consumo di qualche ministro in vena di esibizionismo religioso senza sostanza. Ma dovrebbero essere i vescovi e la Chiesa a ribadire le affermazioni di Paolo nella lettera ai cristiani di Corinto, “Cristo crocefisso, scandalo per i giudei, follia per i gentili”, non permettendo di considerare la croce alla stregua di una qualsiasi insegna della Padania bossiana. Per rispetto dei credenti in Gesù dovrebbe essere tolto il crocefisso dai luoghi dell’indifferenza nei suoi confronti. Sarebbe profetico che a farlo nelle scuole, durante le loro ore di lezione, fossero gli stessi insegnanti di religione.
Lucio Eicher Clere
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