martedì 14 dicembre 2010

I pochi nostalgici del Concilio Vaticano II



Un convegno sul Concilio Vaticano II, a 45 anni dalla sua conclusione, ha riproposto nel Centro Balducci di Zugliano le emozioni e le grandi speranze di quegli anni attraverso i ricordi e le valutazioni sempre attualizzate di Raniero La Valle, intellettuale cattolico lucido e appassionato. Eravamo in pochi ad aver risposto all’invito di don Pierluigi Di Piazza a riflettere su quell’evento concepito da Giovanni XXIII e realizzato dalla maggioranza dei vescovi progressisti, contro l’oscurantismo della Curia vaticana. Pochi e attempati. Nessun giovane, qualche quarantenne, a dimostrazione che il Vaticano II è stato un episodio circoscritto e purtroppo reso inefficace nella sostanza dal revisionismo a cui l’hanno sottoposto i dubbi di Paolo VI e il conservatorismo di Giovanni Paolo II e dell’attuale Benedetto XVI. E’ stato commovente riscoprire nella generazione che quel Concilio l’ha vissuto da giovane la nostalgia per una “Chiesa altra”, per un ritorno di fedeltà alla parola di Gesù, e l’illusoria speranza che quella “rivoluzione” inziata a metà degli anni Sessanta possa riproporsi e continuare ancora oggi. Il lento e costante rinnegamento delle affermazioni conciliari sul primato del popolo di Dio rispetto alla gerarchia (Lumen Gentium),
il cammino a fianco degli uomini (Gaudium et Spes), le aperture ecumeniche (Unitatis redintegratio), l’attenzione verso mussulmani ed ebrei (Nostra aetate), ha avuto l’effetto di circoscrivere le novità del Vaticano II a pochi aspetti esteriori, come la liturgia in lingua moderna anziché in latino, e qualche parvenza di democrazia nelle diocesi e parrocchie e nei nuovi movimenti ecclesiali. Altro si sarebbero aspettati i partecipanti al convegno del Centro Balducci, molti dei quali continuano a operare nella responsabilità di cristiani motivati dentro alle strutture ecclesiali. La vera rivoluzione conciliare avrebbe dovuto cambiare la Chiesa cattolica soprattutto nei suoi legami di potere e di ricchezza, nella democrazia interna, dove ci si riconosca per doni e ministeri da mettere a servizio della comunità e non dalle fasce rosse e dai cappelli di anacronistiche e ridicole fogge, nel ruolo delle donne ad ogni livello di responsabilità, nella libera ricerca teologica, nella formulazione delle verità di fede con linguaggio contemporaneo. Molti non disperano e continuano a vivere dal basso le applicazioni della rivoluzione conciliare. Lo hanno fatto le comunità di base sparse in tutti i continenti; lo fanno molti preti e vescovi, che ignorano il loro incarico di potere, mettendo le proprie doti a servizio della comunità che presiedono, valorizzando alla pari tutti gli altri fratelli e sorelle di fede; lo fanno anche molti cristiani senza chiesa, che si sentono alla sequela di Gesù in ricerca ed in fraternità con i credenti di tutte le religioni che cercano il Dio dell’Amore. In questo senso il Concilio Vaticano II si sta ancora attuando e lo Spirito prosegue la sua opera di rinnovamento delle comunità cristiane incrostate da
strutture di privilegio, di falsità e di potere. La certezza che i pochi nostalgici del Vaticano II devono avere è che quell’evento resterà irrepetibile, se si spera che la rivoluzione avvenga ancora con decisioni prese dall’alto. La gerarchia si è dimostrata, e forse lo è per essenza, irreformabile. L’esempio più netto è la figura di Ratzinger, teologo di belle speranze, collega di Hans Kung nella stagione del rinnovamento conciliare, poi integrato nella struttura gerarchica e diventato custode della conservazione e stroncatore di teologi liberi nella ricerca e contestatori del dogmatismo.
Non serve avere nostalgia del Vaticano II. Oggi un analogo consesso episcopale non avrebbe alcun riscontro nella vita della Chiesa. Ha provveduto la mentalità scientifica e l’amoralità capitalistica a rendere vuote e insignificanti le parole sia del tradizionalismo clericale, sia del finto progressismo di tanti preti giovanilisti, anche dentro alle folle frequentanti le chiese e i santuari. Se le intuizioni e i semi del Vaticano II potranno fruttificare, ciò sarà possibile solo con la coerenza tra parola e vita nelle piccole comunità e nella prassi fraterna e antigerarchica di quei preti e quei vescovi che, anziché il potere, scelgono il servizio degli ultimi e la libertà di pensiero e di parola come ha insegnato Gesù.
Lucio Eicher Clere

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