La
proclamazione della “venerabilità” di papa Giovanni Paolo I, Albino Luciani di
Canale d’Agordo, ha suscitato molto entusiasmo negli ambienti ecclesiastici
bellunesi ed in particolare nell’Agordino, dove da anni si attende la
santificazione dell’illustre conterraneo, con il conseguente movimento di
pellegrini e di turismo religioso che ogni santuario suscita.
La
motivazione del decreto che riconosce Luciani “venerabile” è “l’esercizio
eroico delle virtù cristiane”. Una definizione che lascia perplessi e
sconcertati quanti hanno seguito le vicende della vita di questo personaggio, diventato
papa in agosto del 1978 e morto dopo 33 giorni.
Che Albino
Luciani abbia vissuto in maniera eroica è una definizione che si scontra con l’accezione
che, nella lingua italiana, hanno il sostantivo e l’aggettivo “eroe” e “eroico”.
Lo possiamo considerare sia nella retorica militarista e bellica, sia nella
verifica dell’impegno fino a dare la vita di quanti si sacrificano per gli
altri. Tralasciando i cosiddetti “eroi” delle guerre assassine, che hanno purtroppo
accompagnato la storia dell’umanità, si possono definire eroi i tanti che hanno
sofferto, subìto, sono morti per ideali o per dedizione verso il prossimo. Se
devo pensare a qualche esempio di esercizio eroico delle virtù penso a Dietrich
Bonhoeffer, morto in campo di concentramento a Flossemburg; a Nelson Mandela,
detenuto per 27 anni nella prigione di Robben Island; a don Lorenzo
Milani, umiliato nell’esilio di Barbiana, e a mille altri testimoni di coerenza
di vita, di ideali, di abnegazione e di
amore altruistico, vissuti fino alla morte.
Attribuire
la definizione di “eroe” ad Albino Luciani è improprio e fuorviante. La sua
vita, dall’infanzia negli ambienti protettivi del seminario, dove non si pativa
la fame né altri disagi, alla progressiva salita nei gradi clericali, da
vicerettore, a vicario generale, a vescovo, a cardinale, fino al papato, è
stata un cursus honorum, dove la gratificazione è prevalsa sulla sofferenza. E
benché egli avesse apposto sullo stemma vescovile la parola “Humilitas”, le
cariche ricoperte nella Chiesa cattolica ne hanno fatto tutt’altro che un “umile
cristiano”. E allora perché “venerare” questo ecclesiastico di carriera e
sperare che venga proclamato presto beato e poi santo? I postulatori della
causa di beatificazione tentano di
attribuire a Luciani le caratteristiche della santità comune a tutti i
cristiani che sono fedeli all’insegnamento di Gesù. “Santità –dice il parroco
di Canale d’Agordo- è ascoltare la voce di Dio che chiama e saper
corrispondere. Non tanto cosa si fa ma come lo si fa. In poche parole santo è
chi fa la volontà di Dio ogni momento della sua vita”. Parrebbe di capire che,
non avendo cose clamorose da attribuire a Luciani, che, se non fosse diventato
papa, nessuno si sognerebbe di considerare “eroe” della pratica evangelica, l’unico
motivo per proclamarlo santo è l’essere diventato papa. L’ultimo grado della
carriera di don Albino.
“Sfortunato
il paese che ha bisogno di eroi” diceva Brecht. E invece Canale d’Agordo attende
la santificazione del suo “venerabile eroe”, confidando nell’autenticità di
alcune asserite guarigioni per merito di Luciani.
E’
mortificante, per chi vorrebbe vedere la fede cristiana liberata dalla magia e
della superstizione, constatare che attorno al business della santità s’affollano
i cercatori di reliquie e gli imploranti miracoli.
L’incoerenza
di chi sostiene che la santità è un esempio da seguire nella vita di ogni
cristiano e poi per certificarla pretende che ci sia il clamore di un miracolo,
per somma ipocrisia certificato dalla scienza, è insopportabile.
Sacrilega
quella religione che ha bisogno di attribuire a Dio, a madonne e santi, le
prove di interventi esterni nella vita delle persone. “Dio non gioca a dadi”
diceva Einstein. E tantomeno si diverte a favorire, come un croupier al casinò,
la guarigione a qualcuno e a lasciare con indifferenza tutti gli altri ammalarsi
e morire.
Veneratori
di Albino Luciani, leggete quel passo della lettera ai Corinzi di san Paolo: “E mentre i Giudei chiedono i
miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso,
scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani (I Cor 1, 22-23), per ridare alla
fede l’unico centro: Gesù di Nazareth.
Lucio Eicher
Clere