A Belluno si
ricorda papa Gregorio XVI, quasi fosse un grande personaggio della storia della
Chiesa, e si cerca di confondere la memoria di quanti conoscono vagamente chi
sia stato, in un periodo storico critico e denso di istanze rinnovatrici nella
società e nella Chiesa stessa, quel tal Bartolomeo Alberto Cappellari nei suoi 16
anni di pontificato.
Ora, nessuno
si stupisce se a Predappio si ricorda e magari si ossequia Benito Mussolini,
dittatore e guerrafondaio, o se a Pallanza si celebra il generale assassino
Luigi Cadorna. Ognuno ha i paesani che la storia consegna. Ma far credere che
quei personaggi siano figure da riscoprire e di cui vantarsi sarebbe davvero
intollerabile.
Invece a
Belluno si dedicano ciclicamente giornate di rievocazione del personaggio
Gregorio XVI, si mettono in mostra paramenti e suppellettili quasi fossero
reliquie, si esibiscono monete e medaglie commemorative, volendo dimenticare
chi sia stato veramente quel papa in quel periodo storico.
I Cappellari
erano una famiglia proveniente dalla Carnia, da Prato Carnico in Val Pesarina,
che si stabilì a Belluno per lavoro artigianale. Bartolomeo Alberto nacque in
quel di Bolzano bellunese nel 1765 e a 18 anni intraprese la vita monastica tra
i camaldolesi. Della sua vita precedente all’elezione papale poco ci importa,
anche se le giornate di rievocazione di Belluno hanno proposto una conferenza
dal titolo “L’affabilissimo Cappellari. Gregorio XVI nelle carte d’archivio di
Camaldoli”. Quello che importa invece è sapere cosa ha fatto da papa, da quando
venne eletto nel 1831 fino a quando morì nel 1846.
Senza voler
giudicare a posteriori la storia, è difficile trovare qualcosa di positivo nei
16 anni di pontificato del papa carnico-bellunese. Egli è stato il papa dell’enciclica “Mirari
vos”, nella quale condannò non solo il razionalismo, il gallicanesimo e
l’indifferentismo, ma anche la libertà di coscienza, definita “pestilentissimo
errore”. Era contrario alla libertà di
stampa e d’opinione, che considerava egualmente pericolosa per la Chiesa e per
lo Stato. L’ipotesi che da questo tipo di libertà, potesse derivare una qualche
utilità per la religione, venne respinta come “somma impudenza”, senza dare
ulteriori spiegazioni.
Reazionario,
chiuso ad ogni novità, persino alle scoperte scientifiche e mediche, impose
l’assoluto divieto di ogni libertà di azione e di pensiero che non fosse
conforme ai dettami della “Santa Madre Chiesa”, con gravi minacce costrinse gli
ebrei a non esercitare alcuna attività al di fuori del ghetto. Fu contrario
alla ferrovia ed all’illuminazione a gas, perché non voleva che con queste innovazioni
si potesse facilitare l’infiltrazione di idee liberali. Durante gli anni del
suo pontificato sostenne i regnanti totalitari, complimentandosi con loro per
la repressione violenta delle ribellioni popolari che in quegli anni avvenivano
un po’ dovunque in Europa. Nei suoi anni al potere dello Stato pontificio
furono eseguite oltre un centinaio di condanne a morte, alcune ricordate anche
per la futilità delle motivazioni, come quella inflitta a Giuseppe Balzani,
fatto decapitare il 14 maggio 1833 per avere offeso il papa, o quella di Luigi
Scopino, fatto decapitare il 21 luglio 1840 per avere rubato oggetti sacri.
Di un papa
paesano di tal fatta dovrebbero vergognarsi i carnici ed i bellunesi e stendere
sulla sua memoria un velo di triste oblio, non cercare di mistificare la sua
vicenda di potere, anche solo per un modesto ritorno di immagine per qualche maniaco
rievocatore.
Nell’elenco
dei papi successori di Pietro figurano due bellunesi. Ma se Luciani non è
passato alla storia per l’esiguità dei giorni di permanenza in vita da papa,
Gregorio XVI risulta iscritto tra i peggiori papi degli ultimi secoli. E se per
Luciani gli agordini fremono perché sia proclamato santo, anche senza alcun
merito se non l’aver fatto carriera ecclesiastica fino al soglio pontificio,
non vorremmo che da Bolzano bellunese partisse la richiesta di santificare
anche Cappellari. Magari con la motivazione che, bontà sua, era contrario alla
schiavitù.
Lucio Eicher
Clere