La provincia
di Belluno annovera nelle sue vallate, dal Cadore al Feltrino, ben cinque
diocesi e quattro vescovi. Uno per Belluno e Feltre, uno per le propaggini vittoriesi
della sinistra Piave, l’altro per quelle padovane nel basso Feltrino, il quarto
per l’udinese Sappada.
Retaggi del
Medioevo ecclesiastico, quando i patriarchi e gli arcivescovi andavano
personalmente alla guida di schiere armate per conquistare terre da annettere
alle loro proprietà.
Una
razionale riaggregazione delle realtà amministrative e sociali con le
appartenenze diocesane non è mai stata attuata nei decenni del dopo Concilio
Vaticano II, anche se consigliata dalle disposizioni del Vaticano e della Cei
per l’Italia.
Ci provò il
vescovo Maffeo Ducoli ad abolire la doppia sede episcopale di Belluno e Feltre,
subendo critiche e offese dagli irriducibili feltrini affezionati al simbolo
della loro diversità rispetto a Belluno, che proprio l’essere sede episcopale
faceva risaltare. Per far ritirare le diocesi di Padova e Vittorio Veneto nei
loro confini provinciali non ci provò più nessuno. Ora a guidare la diocesi di
Belluno-Feltre è stato nominato un sacerdote di Padova, Renato Marangoni. Una
mossa per riportare in diocesi di Belluno-Feltre le quindici parrocchie del
basso Feltrino?
Mi auguro
che siano altre le prospettive di questo nuovo vescovo, che succede a Giuseppe
Andrich.
Gli anni di
questo dirigente gerarchico in diocesi di Belluno-Feltre non lasciano alcun
particolare ricordo. Per questo Marangoni non potrà che fare meglio.
I cattolici
bellunesi se la sono scampata bella dall’avere un altro vescovo “locale”.
Infatti il clero bellunese-feltrino è così demotivato e rassegnato al declino
della vita religiosa, che un secondo vescovo “per qui da noi” avrebbe spento
definitivamente ogni possibilità di ripresa d’entusiasmo in quella residua
comunità ecclesiale che frequenta le parrocchie e aderisce ai vari movimenti
che hanno tentato nei decenni post conciliari di rinnovare la prassi religiosa
e la pastorale cattolica.
Ma non c’è stata solo la conduzione “sanza
infamia e sanza lodo” del vescovo Andrich a rendere sempre più povera la
religiosità in provincia di Belluno. Neppure gli altri tre vescovi hanno dato segni
di novità e di carica pastorale nuova.
A Sappada la
parrocchia sopravvive nel più stanco tradizionalismo. L’unico segno della
presenza del vescovo Andrea Bruno Mazzoccato è stata la rimozione del prete
imprenditore don Luigi Fabbro, finito in guai giudiziari dopo il fallimento
delle società degli impianti di risalita.
Del vescovo
di Vittorio Veneto, Corrado Pizziolo, abbiamo apprezzato una presa di posizione
contro le messe militarizzate e la loro blasfema “preghiera dell’alpino”, ma
non ricordiamo particolari iniziative profetiche nel territorio di sinistra
Piave.
E così il
vescovo di Padova, Claudio Cipolla, non ha dato finora segnali di grandi
cambiamenti nella zone delle parrocchie dei vicariati di Arsié e Quero.
Per dare una
scossa ad una comunità ecclesiale vecchia e impoverita di presenze giovani, che
riportino l’entusiasmo che aveva caratterizzato gli anni del dopo-concilio, ci
vorrebbero segni e parole credibili nella coerenza con i gesti. La prassi messa
in atto da Papa Francesco dovrebbe stimolare i vescovi a seguirne le orme. Per
questo ci auguriamo che Renato Marangoni non segua il “quieto vivere” del suo
predecessore, ma abbia la capacità di capire la bassezza della qualità
ecclesiale bellunese-feltrina e di dare egli per primo segnali di inversione di
comportamenti pastorali.
Ci
permettiamo di suggerirne uno, che dovrebbe mettere in pratica un invito del
papa. Nella provincia delle cinque diocesi e dei quattro vescovi non ce n’è
stato uno che abbia messo in pratica l’invito di aprire in ogni parrocchia
delle case per ospitare i profughi in fuga dalla guerra e dalla fame. Eppure le
cinque diocesi della provincia di Belluno sono piene di canoniche vuote, e
anche quelle che hanno un parroco stabile sono grandi edifici per single, al
massimo con perpetua a servizio. In un contesto veneto, dove la mentalità ristretta
e ostile verso lo straniero si ammanta di valori pseudo tradizionali e
religiosi, dove il leghismo zaista impedisce la libera espressione di culto
vietando le moschee, una organizzazione parrocchiale che si muovesse in modo programmato
per accogliere in ogni paese una o più famiglie di profughi sarebbe il segnale
più autentico di una fede che si incarna nell’amore del prossimo.
Il nuovo
vescovo Marangoni dovrebbe assumere questo come primo impegno, come ha fatto
papa Francesco, recandosi a Lampedusa e poi a Lesbo, per dire che ai confini
della civiltà, dove l’umanità povera chiede a quella ricca di condividere
almeno le briciole della mensa, come Lazzaro nella parabola di Gesù, c’è la
Chiesa che segue i dettami del suo fondatore.
Il vescovo
Marangoni dovrebbe prendere su di sé la mansione di direttore della Charitas.
Far capire ai suoi preti che non si può delegare ad un centro diocesano, come
un patronato od un ufficio burocratico, la prima prassi evangelica della
comunità cristiana. La Charitas è un impegno di tutti i cristiani, non di un
gruppetto di volontari.
Abbiamo
letto che il nuovo vescovo di Belluno-Feltre non abiterà nel palazzo vescovile,
ma in seminario.
Un gesto di
poco valore, teso a relazionarsi con una ristretta cerchia di vecchio clero.
Il luogo
profetico dove Renato Marangoni dovrebbe risiedere sono le stanze che ora
ospitano gli uffici della Charitas, in quel “centro per Ferie” di piazza
Piloni, che la diocesi di Belluno ha trasformato da casa di esercizi spirituali
in locali di redditizio affitto per le casse del Fondo per il sostentamento del
clero.
Quando era
giunto il tempo delle dimissioni di Giuseppe Andrich avevamo scritto una
lettera-appello a papa Francesco perché nominasse Don Pierluigi Di Piazza, il
parroco di Zugliano di Udine, fondatore e guida del Centro Balducci, che da
oltre 30 anni ospita profughi e richiama alla fedeltà al messaggio d’amore del
vangelo. La sua sarebbe stata una presenza profetica che avrebbe risvegliato il
cristianesimo morente della Chiesa bellunese. Se Renato Marangoni volesse imparare
prenda esempio e contatti don Pierluigi.