Se c’era un
modo per riportare il Giubileo, voluto da papa Francesco come anno della
misericordia, al medioevo superstizioso e feticistico, questo è stato il
trasporto a Roma dei cadaveri imbalsamati di due frati cappuccini, santificati
durante il pontificato di Giovanni Paolo II, santo pure lui. Padre Pio da
Petrelcina e padre Leopoldo Mandic sono
stati due personaggi molto venerati già
in vita, per le loro capacità di comunicare con le persone, che li avvicinavano
attraverso la pratica della confessione, in modo semplice e diretto. Per padre
Pio, poi, c’era stato il fenomeno clamoroso del sanguinamento delle mani, che
la devozione popolare e anche il magistero ecclesiastico hanno assimilato alle
ferite sulle mani e sui piedi di Gesù, definendole “stigmate”. Questi segni sul
corpo hanno fatto di lui un fenomeno da baraccone del cattolicesimo
miracolistico, attribuendogli caratteristiche di divinazione sul futuro delle
persone che gli chiedevano consigli, capacità di bilocazione, poteri sananti.
Egli era diventato, già da vivo, un catalizzatore di religiosità interessata ai
miracoli e di conseguente accumulo di offerte e lasciti.
Come è
accaduto dai tempi della venerazione e ella vendita delle reliquie, i resti corporei di un personaggio così caratterizzato sono stati
conservati e fatti oggetto di culto, quasi mantenessero ancora le capacità
miracolistiche che gli venivano attribuite da vivo. Una religiosità
sempliciotta e utilitaristica, come accade ora per la Madonna di Medjugorie,
che si riduce a qualche messa pagata ai preti officianti, a molti rosari biascicati
senza nemmeno riflettere sulle parole recitate, alla speranza di ottenere
qualche guarigione, scambiando la fortuna per un privilegio di benevolenza
divina, a laute offerte propiziatrici.
E’ molto
avvilente, per chi crede nel messaggio trasmesso dalle opere e dalle parole di
Gesù di Nazareth, e nella successiva elaborazione teologica di Paolo di Tarso,
vedere la religione che si definisce cristiana ridotta a creduloneria e
ritualità macabra attorno a cadaveri rivestiti e siliconati, messi dentro a
teche con coperchi di vetro, perché le masse dei curiosi e dei feticisti li
accostino.
E’ deludente
osservare come il messaggio di apertura alla misericordia, voluto da papa
Francesco con il giubileo straordinario, alla fine si riduca nella solita
visita a Roma ed alle sue basiliche con le cosiddette porte sante, ed ancora peggio si mescoli con la
superstizione medioevale del culto delle reliquie.
E’ penoso
assistere alla spettacolarizzazione mediatica del trasferimento di due cadaveri
sotto vetro in una basilica romana, per far sì che le processioni di fedeli
occasionali abbiano la soddisfazione di poter dire a se stessi , ai conoscenti ,
e magari all’intervistatore televisivo di turno, di aver toccato la teca di un
santo.
Questo anno
giubilare, iniziato così profeticamente con la visita di papa Francesco nella
Repubblica Centro africana, uno degli Stati più poveri del mondo, cade nel
grottesco della venerazione dei cadaveri procacciatori di offerte per le casse
vaticane.
Quanto
sarebbe stato più coerente con la linea di fedeltà al messaggio evangelico di
beatitudine della povertà, se per questo Giubileo della misericordia si fosse
chiuso per un anno il mercimonio romano, gli scandali della Curia vaticana, per
trasferire non i cadaveri sotto vetro, ma il corpo vivo di una dirigenza
ecclesiastica che vuole riformarsi nelle periferie della povertà.
Un papa che
diventa migrante e condivide con i cristiani e gli uomini di ogni fede un anno
di misericordia, predicando e testimoniando la definizione di “servus servorum dei”
nei luoghi dove vivono gli ultimi.
Non più visite a basiliche romane, per
ottenere ancora l’indulgenza plenaria che cancella tutti i peccati e libera le
anime del purgatorio, ma gesti concreti di amore verso chi soffre fame e
devastazione causate da guerre.
Resta questa
“pia illusione” che un papa di nome Francesco possa riportare la chiesa a
sposare “madonna povertà”, liberandola dalla superstizione del miracolismo e
della venerazione delle reliquie, per
portarla sui sentieri impervi della follia evangelica, come predicava Paolo
alla comunità di Corinto: “mentre
i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo
crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani. Perché ciò che è
stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è
più forte degli uomini”.
Lucio Eicher Clere