La citazione
di una frase di don Lorenzo Milani, fatta dal segretario della Lega Nord Matteo
Salvini nel comizio di Roma, “l’obbedienza non è più una virtù”, lascia
sgomenti quanti hanno conosciuto le parole e le opere di don Lorenzo e
conoscono quelle del becero capo di un partito razzista. Verrebbe naturale
citare, per contrapposizione, un proverbio popolare, “scherza coi fanti (in
questo caso i fantocci, i buffoni leghisti) e lascia stare i santi”. E proprio
in riferimento ai santi, l’insulto di trascinare le parole di un profeta dentro
agli squallidi istinti di una mandria xenofoba, fa sorgere un desiderio e un
interrogativo che sarebbe giusto rivolgere a papa Francesco: “quando proclamerà
santo Lorenzo Milani?”
Per capire
la singolarità e la grandezza di quest’uomo, nato nel 1923 e morto nel 1967,
bisogna salire per una stradina di mezza montagna, nel Mugello, e raggiungere
Barbiana, cioè una chiesa con attigui la canonica e un casolare, dove don
Milani esercitò la missione di sacerdote e maestro per una ventina d’anni. Un
eremo nel bosco, che la Fondazione don Lorenzo Milani, presieduta da Michele
Gesualdi, uno dei primi alunni della scuola, ha voluto conservare come era
allora, testimonianza viva di una avventura irrepetibile. A Barbiana don
Lorenzo ha voluto essere sepolto. Il minuscolo cimitero è poco più in basso
della chiesa. Anche i suoi resti corporei sono diventati terra vicino a quelli
di pochi contadini che abitarono quei casolari sperduti che formano la borgata
del comune di Vicchio. L’ultima sepolta è stata Eda Pelagatti, sua
collaboratrice, morta nel 2002. Sulla sua lapide c’è scritto: “Ha testimoniato
con don Lorenzo Milani la parola di Dio e l’amore per i poveri”.
Che la vita
di don Milani sia stata una testimonianza di santità evangelica è una evidenza
per tanti cristiani, soprattutto per
quelli che non credono alle sorprese casuali chiamati miracoli, per cui si
invocano Madonne di tutti i tipi e Santantoni e Padrepii di varia
specializzazione prodigiosa, ma danno credito alla coerenza tra parole ed opere
nella sequela di Gesù.
Come
Francesco d’Assisi, che si svestì della ricchezza di famiglia per abbracciare “madonna
povertà”, il benestante Lorenzo Milani decise a 19 anni di cambiare vita,
facendosi prete, ma non come carrierista gerarchico, bensì per stare dalla
parte degli ultimi. Gli anni da cappellano a San Donato di Calenzano,
raccontati nel libro “Esperienze pastorali”, sono intrisi d’amore per i poveri
e gli sfruttati. Quelle pagine furono stroncate dall’osservatore romano e da
Civiltà cattolica e gli fruttarono la “promozione” a parroco di 40 anime a
Barbiana. Da quell’eremo la voce del profeta Milani si sparse dovunque. I semi
della sua testimonianza al servizio dei ragazzi di quell’angolo di Toscana
povera e disprezzata, che lui seppe far crescere in sapienza e dignità civile,
si sparsero in tutta Italia e dovunque si è conosciuta la sua azione di maestro e sacerdote.
Santificare
don Lorenzo Milani in questi anni di disfacimento della società italiana e
occidentale, avrebbe un valore simbolico e di sottolineatura degli autentici
valori cristiani.
“Avere il
coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza
non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni”, frase tratta dalla “Lettera
ai giudici”, che lo processarono per aver difeso gli obiettori di coscienza
alla guerra ed al servizio militare, assieme ad altre schiette e profonde
parole del santo sacerdote di Barbiana, possono essere proposte come programma
di vita coerente per una vera umanità
libera , di fronte alla schiavitù imposta dal potere economico che propaganda
il consumismo e l’edonismo indifferente alla sorte dei poveri e degli ultimi
del pianeta della sofferenza.
Il suo
essere stato testimone scomodo e controcorrente, fedele alla legge ma fiero di
insegnare ai ragazzi la libertà di giudizio e di coscienza, ne fa un vero “cristiforme”,
cioè un seguace di Gesù, che non cancellò la legge ebraica ma ne smascherò le ipocrisie
e le incoerenze, fino a essere processato e rimetterci la vita.
“Severamente
ortodosso e disciplinato e nello stesso tempo appassionatamente attento al
presente e al futuro. Nessuno può accusarmi di eresia o di indisciplina. Nessuno d’aver fatto
carriera”. Ma proprio questa “carriera “ al contrario dovrebbe meritare per don
Milani il cosiddetto “onore degli altari”. San Lorenzo Milani sarebbe un santo
che pregheremmo in tanti volentieri.
Lucio Eicher
Clere