Un dirigente scolastico del Cadore ha proibito
una celebrazione liturgica cattolica per le scuole del suo istituto
comprensivo, per rispetto dei ragazzi di altre religioni. Decisione legittima e
degna di considerazione, sia dal punto di vista della separazione tra Stato e
Chiesa, che del confronto aperto tra diverse visioni del rapporto individuale e
sociale con la religiosità.
Molte
le critiche pervenute al preside da parte delle famiglie e dei rappresentanti
istituzionali, che hanno visto nella sua presa di posizione un attacco alle
tradizioni religiose di un popolo da sempre praticante della religione
cattolica, oppure una prevaricazione nei confronti della maggioranza degli
alunni, per un “non ben specificato agire politicamente corretto” nei riguardi
delle minoranza etniche e religiose.
Come per il crocefisso nelle aule
scolastiche, che alcuni anni fa era diventato, anziché l’icona del mistero
centrale della fede in Gesù di Nazareth, la bandiera dell’integralismo
occidentale contro l’avanzata dell’Islam, le tematiche religiose non vengono
affrontate per il loro contenuto, ma per una ipocrita forma di difesa delle
pseudo identificazioni con un passato di vita sociale in cui la religione
scandiva lo svolgersi dei giorni, che ormai è scomparso e totalmente
dimenticato dalle generazioni del terzo millennio. Infatti a prendere posizione
contro il preside, che assume un legittimo atto di indirizzo didattico, che
nulla toglie alla eventuale appartenenza religiosa degli alunni cattolici, si
sono fatti avanti sindaci che non vanno mai in chiesa, se non per farsi vedere
con la fascia tricolore, genitori che non praticano la religione ma pretendono
la sacramentalizzazione dei figli, con battesimo, prima comunione e cresima,
benpensanti preoccupati solo di salvaguardare la facciata ipocrita di una società
provinciale e svuotata di valori.
Chi lavora nella scuola, in particolare
nelle superiori dove gli alunni passano gli anni dell’adolescenza, sa quanto
poco interessati siano i ragazzi alla religione ed ai riti che essa propone.
Anche se la maggioranza opta per la partecipazione all’ora di religione
cattolica, è evidente a tutti che dentro alle aule gli insegnanti scelti dalla
Curia parlano di tutt’altro che di tematiche legate alla fede in Dio.
Preoccupati di non perdere clienti e salvarsi il posto di insegnamento,
questi privilegiati si arrabattano a
trattare argomenti piacevoli e con contenuti psico-sociali, per far passare ai
ragazzi un’ora di relax mentale nelle mattinate di spiegazioni e compiti delle
materie che contano per il voto finale e la promozione. Da anni chiediamo ai ragazzi che fanno la
cresima a fine delle Medie o agli inizi delle Superiori se vadano ancora in
chiesa dopo quello che dovrebbe essere il “sacramento della confermazione”.
Ebbene, la quasi totalità risponde con insofferenza che finalmente, dopo la
cresima, si può abbandonare la frequentazione degli ambienti religiosi. Una
constatazione che dovrebbero fare in primo luogo i preti ed i vescovi, ma che
da decenni si rifiutano di dibattere e portare alla luce del sole, con cambiamento
della prassi pastorale.
Il ritiro in
disparte dei dirigenti ecclesiastici, che, per rispetto della sacralità dei
riti religiosi, dovrebbero essi per primi rifiutarsi di celebrare messe di
circostanza, preghiere prêt à porter, celebrazioni ad uso e consumo delle categorie
richiedenti, come se la religione fosse una qualsiasi forma di folclore
popolare, sarebbe un bel segnale di valorizzazione della religione autentica,
quella che segue la coerenza evangelica predicata da Gesù Cristo. E la decisione
di un preside che si oppone alle cerimonie religiose dovrebbe essere salutata
con soddisfazione proprio da coloro che credono nel valore assoluto e misterico
della ritualità legata al culto della divinità e la condivisione comunitaria di
una fede individuale professata e vissuta con coerenza.
Per un credente
cristiano anche il rispetto delle altre religioni è un valore importante da
vivere con la legge dell’amore insegnata da Gesù. Per troppi secoli il cattolicesimo ha
praticato l’intolleranza e la condanna, proclamando “extra ecclesia nulla
salus”. Meglio l’assenza di crocefissi nelle aule e una messa di circostanza in
meno, che lo spregio dei contenuti del cristianesimo praticata dagli ipocriti
che si richiamano ai “valori cristiani della nostra tradizione”.
Lucio Eicher
Clere