Il vescovo
di Vittorio Veneto, una cittadina che è stata vittima nella storia del secolo
Novecento della retorica della cosiddetta Grande Guerra, quando si è fatto
credere che quella follia di massacri e devastazioni del territorio, fosse
stata una vittoria sulla linea Piave, “fiume sacro alla Patria”, ha avuto il
coraggio di proibire agli alpini di recitare in chiesa la orazione-bestemmia “Preghiera
dell’alpino”. Quei poveri residuati
della leva obbligatoria, che da sempre ripetono che sotto la naja si imparavano
valori umani e idealità sociali di impegno per la difesa della patria, si sono
meravigliati di questa decisione, attuata da alcuni parroci, che hanno proibito
la recitazione in chiesa durante i funerali di quell’obbrobrio teologico e
devozionale. “La preghiera dell’alpino è quanto di più caro l’associazione può
conservare –ha detto Raffaele Panno, presidente della sezione Ana di Treviso- È legittimo che un sacerdote, come accade, ci
possa chiedere di rinunciare al silenzio, all’uso della tromba, magari al
picchetto schierato militarmente, ma non può obbligarci a non pregare e a non
cantare». Angelo Biz, della Ana di Vittorio Veneto gli fa eco : “«Stiamo
parlando del Dna religioso e identitario dei nostri alpini, quindi vanno
compresi i loro sentimenti.
I preti
desiderano o no che le chiese tornino a riempirsi di fedeli?”. Questa affermazione, che lega la professione
di soldato, cioè di assassino di Stato, alla religione cattolica, è fondata su
un lungo e mantenuto equivoco mai risolto all’interno della storia della
Chiesa. L’insegnamento di Gesù, che aveva predicato e praticato l’amore dei
nemici e la non violenza, avrebbe dovuto rendere incompatibile l’appartenenza
alla comunità dei seguaci di Cristo, con la professione di soldato. Invece,
dopo l’accordo di potere con l’Impero Romano, questa “verità di fede” è stata
accantonata e si è premesso non solo di esercitare il mestiere di
soldato-omicida ai battezzati, ma la gerarchia ha benedetto e costruito
eserciti, ha usato le armi, con addirittura Papi e Vescovi a capo di armate
belligeranti, ammettendo il connubio fede cristiana-ideologia militarista fino
a pochi decenni fa. Le varie “Armi”, dai carabinieri, alla marina, all’aviazione,
alle milizie terrestri, hanno sempre avuto il loro prete-soldato, il cappellano
militare in divisa e pagato dall’esercito. Ognuna di queste “Armi” ha la sua
orazione-bestemmia, che invoca il Dio dell’amore, l’Abbà invocato da Gesù, perché
protegga i soldati-assassini di questa parte contro l’altra. E’ emblematica la “Preghiera
dell’alpino” che chiede a “Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi, salva
noi, armati come siamo di fede e di amore. Salvaci dal gelo implacabile, dai
vortici della tormenta, dall'impeto della valanga, fa che il nostro piede posi
sicuro sulle creste vertiginose, su le diritte pareti, oltre i crepacci insidiosi,
rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra
Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana”. Chiunque conosca il
messaggio di Gesù considera queste parole una eresia e una bestemmia. Eppure
per decenni i preti e anche i vescovi, che spesso si prestano alla buffonata di
indossare il cappello da alpino, quel ridicolo orpello di tempi per fortuna
finiti, hanno lasciato recitare in chiesa queste parole oscene. Anzi ci sono
addirittura dei parroci che le recitano dall’altare, pronunciando essi stessi
la vera bestemmia che è inserita nell’invocazione alla Madonna: “E Tu, Madre di
DIO CAN dida più della neve…” facendo sospettare che questo testo sia stato
scritto da un personaggio diabolico, a conferma del detto “il diavolo si
nasconde nei dettagli”. Che un vescovo abbia avuto il coraggio di proibire
nelle chiesa della sua diocesi la recitazione della “preghiera dell’alpino” è
un tardivo ma buon segnale di resipiscenza. Le comunità cristiane dovrebbero
dare segnali inequivocabili sul loro modo di seguire il messaggio di Gesù.
Nessun compromesso con la violenza e le istituzioni che la preparano, come gli
eserciti. Divieto ai credenti di esercitare il mestiere di soldati-assassini, e
abolizione del ruolo di “cappellano militare”. Allontanamento dai luoghi di
culto di simboli, divise, recitazioni legate alla ideologia militarista. Se i
nostalgici della divisa degli alpini ritengono loro diritto esibire nelle
chiese o nelle cerimonie religiose la loro ridicola ritualità di cappelli in
testa, presentat-arm, attenti e riposo, e l’orazione-bestemmi, siano
sconfessati e allontanati con decisione. Essere fedeli ad un’Arma dell’esercito
deve essere incompatibile con la fede cristiana e l’appartenenza alla comunità
dei fratelli fondata da Gesù. Bravo vescovo di Vittorio Veneto! Un bel segnale
per il triennio di rievocazioni retoriche e militaresche del centenario della
Maledetta Guerra 1915-18.
Lucio Eicher
Clere