sabato 15 marzo 2014

Finalmente un vescovo contro gli alpini




Il vescovo di Vittorio Veneto, una cittadina che è stata vittima nella storia del secolo Novecento della retorica della cosiddetta Grande Guerra, quando si è fatto credere che quella follia di massacri e devastazioni del territorio, fosse stata una vittoria sulla linea Piave, “fiume sacro alla Patria”, ha avuto il coraggio di proibire agli alpini di recitare in chiesa la orazione-bestemmia “Preghiera dell’alpino”.  Quei poveri residuati della leva obbligatoria, che da sempre ripetono che sotto la naja si imparavano valori umani e idealità sociali di impegno per la difesa della patria, si sono meravigliati di questa decisione, attuata da alcuni parroci, che hanno proibito la recitazione in chiesa durante i funerali di quell’obbrobrio teologico e devozionale. “La preghiera dell’alpino è quanto di più caro l’associazione può conservare –ha detto Raffaele Panno, presidente della sezione Ana di Treviso-  È legittimo che un sacerdote, come accade, ci possa chiedere di rinunciare al silenzio, all’uso della tromba, magari al picchetto schierato militarmente, ma non può obbligarci a non pregare e a non cantare». Angelo Biz, della Ana di Vittorio Veneto gli fa eco : “«Stiamo parlando del Dna religioso e identitario dei nostri alpini, quindi vanno compresi i loro sentimenti.
I preti desiderano o no che le chiese tornino a riempirsi di fedeli?”.  Questa affermazione, che lega la professione di soldato, cioè di assassino di Stato, alla religione cattolica, è fondata su un lungo e mantenuto equivoco mai risolto all’interno della storia della Chiesa. L’insegnamento di Gesù, che aveva predicato e praticato l’amore dei nemici e la non violenza, avrebbe dovuto rendere incompatibile l’appartenenza alla comunità dei seguaci di Cristo, con la professione di soldato. Invece, dopo l’accordo di potere con l’Impero Romano, questa “verità di fede” è stata accantonata e si è premesso non solo di esercitare il mestiere di soldato-omicida ai battezzati, ma la gerarchia ha benedetto e costruito eserciti, ha usato le armi, con addirittura Papi e Vescovi a capo di armate belligeranti, ammettendo il connubio fede cristiana-ideologia militarista fino a pochi decenni fa. Le varie “Armi”, dai carabinieri, alla marina, all’aviazione, alle milizie terrestri, hanno sempre avuto il loro prete-soldato, il cappellano militare in divisa e pagato dall’esercito. Ognuna di queste “Armi” ha la sua orazione-bestemmia, che invoca il Dio dell’amore, l’Abbà invocato da Gesù, perché protegga i soldati-assassini di questa parte contro l’altra. E’ emblematica la “Preghiera dell’alpino” che chiede a “Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi, salva noi, armati come siamo di fede e di amore. Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della tormenta, dall'impeto della valanga, fa che il nostro piede posi sicuro sulle creste vertiginose, su le diritte pareti, oltre i crepacci insidiosi, rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana”. Chiunque conosca il messaggio di Gesù considera queste parole una eresia e una bestemmia. Eppure per decenni i preti e anche i vescovi, che spesso si prestano alla buffonata di indossare il cappello da alpino, quel ridicolo orpello di tempi per fortuna finiti, hanno lasciato recitare in chiesa queste parole oscene. Anzi ci sono addirittura dei parroci che le recitano dall’altare, pronunciando essi stessi la vera bestemmia che è inserita nell’invocazione alla Madonna: “E Tu, Madre di DIO CAN dida più della neve…” facendo sospettare che questo testo sia stato scritto da un personaggio diabolico, a conferma del detto “il diavolo si nasconde nei dettagli”. Che un vescovo abbia avuto il coraggio di proibire nelle chiesa della sua diocesi la recitazione della “preghiera dell’alpino” è un tardivo ma buon segnale di resipiscenza. Le comunità cristiane dovrebbero dare segnali inequivocabili sul loro modo di seguire il messaggio di Gesù. Nessun compromesso con la violenza e le istituzioni che la preparano, come gli eserciti. Divieto ai credenti di esercitare il mestiere di soldati-assassini, e abolizione del ruolo di “cappellano militare”. Allontanamento dai luoghi di culto di simboli, divise, recitazioni legate alla ideologia militarista. Se i nostalgici della divisa degli alpini ritengono loro diritto esibire nelle chiese o nelle cerimonie religiose la loro ridicola ritualità di cappelli in testa, presentat-arm, attenti e riposo, e l’orazione-bestemmi, siano sconfessati e allontanati con decisione. Essere fedeli ad un’Arma dell’esercito deve essere incompatibile con la fede cristiana e l’appartenenza alla comunità dei fratelli fondata da Gesù. Bravo vescovo di Vittorio Veneto! Un bel segnale per il triennio di rievocazioni retoriche e militaresche del centenario della Maledetta Guerra 1915-18.

Lucio Eicher Clere