Che
delusione i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice! Per preparare
l’anniversario dei 200 anni dalla nascita del loro fondatore, il prete
piemontese Giovanni Bosco, non hanno avuto di meglio da fare che mandare in
giro per l’Italia una reliquia, cioè una finta salma imbalsamata, copia di
quella che conservano a Torino. E ci tengono anche ad informare quanti sono
stati presi dalla curiosità di andare a vedere questa cassa da morto
trasparente, che la “reliquia” c’è davvero, la mano destra di don Bosco,
“quella che il santo protettore dei ragazzi ha sollevato innumerevoli volte per
benedire i suoi fanciulli e per pregare con loro”.
Che pena
questo tipo di religiosità. Se don Bosco potesse mandare qualche fulmine
dall’alto, o apparire in sogno (come a lui capitava e come sapeva raccontarli)
al Rettor maggiore della congregazione, don Pascual Chavez Villanueva,
sicuramente tuonerebbe improperi contro questo modo di svilire la fede
cristiana e ridurre le opere dei testimoni della pratica evangelica a fenomeno
da baraccone. La statua riproducente il profeta ottocentesco dell’attenzione
all’educazione dei giovani ha girato per le parrocchie e i collegi salesiani
del Veneto per più di un mese, ma è in giro per il mondo da 2009, in attesa
dell’apoteosi del bicentenario del 2015.
Che siano
proprio i Salesiani, che hanno il grande merito di aver seminato tra i giovani
per decenni valori umani e cristiani, a cadere nel tranello della
religione-mercato, nell’ambiguità della superstizione miracolistica, che da Padre Pio a Medjugorie attira milioni di creduloni interessati a procurarsi
qualche favore all’alto, è davvero avvilente. Cattivo segno per una ripresa di
credibilità della fede e della coerenza con il messaggio di Gesù Cristo, se
anche i gruppi cattolici più impegnati nel comunicare con la parte più
distaccata dalla Chiesa, come sono i giovani, cedono alla tentazione
materialista del reliquiume prêt-à-porter .
Chi conosce
la realtà delle parrocchie, dove l’attività pastorale è concentrata sulla
sacramentalizzazione dei bambini fino all’età dell’adolescenza, quando viene
impartito il sacramento della cresima (o confermazione), che in realtà è il
rito della de-confermazione e dell’abbandono della pratica religiosa, sa quanto
sia difficile mantenere un rapporto di dialogo e di fiducia con i giovani, e
ancor più sa quanto poco attecchiscano con loro le tematiche legate alla fede.
Di sicuro è difficile trovare un giovane “normale” a cui interessi la reliquia
di qualche santo. Immagino che non ci siano stati grandi entusiasmi giovanili
attorno alla kermesse dell’esposizione e del tour di don Bosco nemmeno nelle
parrocchie rette dai Salesiani.
Tra le righe
dell’intervento del direttore dell’Istituto Agosti di Belluno traspare un certo
imbarazzo nell’ammettere che non sarà la reliquia viaggiante a far rinascere lo
“spirito di don Bosco”. “Dovrà essere un’occasione di verifica –ha detto- per
vedere se oggi stiamo portando avanti il compito che ci ha indicato, per ridare
alla parrocchia lo stile salesiano, con particolare riferimento alla pastorale
giovanile”.
Quanto più
opportuno sarebbe stato che il bicentenario della nascita di don Bosco,
tralasciando l’esibizione di una assurda corporeità, fosse stata l’occasione
per una verifica dei troppi errori commessi nelle scelte fatte dai successori
del santo fondatore, in particolare i privilegi della scuola privata, gli
eccessivi accumuli di beni immobili, l’imborghesimento dei metodi educativi.
Tornare allo spirito delle origini, quando i “miracoli” erano dati dalla
nascita e crescita di attività che promuovevano la vita dei ragazzi, superando
le difficoltà materiali e spirituali, quando la fede in Gesù Cristo si rendeva
coerente tra parola e vita vissuta sia nell’azione di don Bosco che dei suoi
collaboratori. Tornare all’attenzione per la marginalità e i bisogni
dell’umanità più debole, quella che si affaccia al futuro senza speranze.
Questo è un
tempo in cui le idee e l’azione di don Bosco meriterebbero una ripresa ed una rivisitazione aperta a
tutta la comunità ecclesiale. E sicuramente tanti Salesiani lo stanno facendo
e, probabilmente in cuor loro, inorridiranno per la sceneggiata della
“venerazione delle sante reliquie” di un grande profeta ottocentesco, di un operatore
sociale e spirituale della contemporaneità,
quasi fossimo ripiombati ai tempi medioevali dello smercio di reperti organici
di santi e alla vendita delle indulgenze.
Quanto
sarebbe più utile, per il rinnovamento della fede cristiana, se i resti corporei dei grandi testimoni
della sequela di Gesù venissero bruciati e dispersi nel vento. Segno visibile
della loro immersione nell’eternità dello Spirito e della continuità del loro
messaggio nella vita di chi intende raccogliere e seguire il loro esempio.
Lucio Eicher
Clere