Torna il tempo delle reliquie. Come nel Medioevo, irriso da Boccaccio nel Decamerone, il traffico delle sostanze organiche o degli oggetti, che hanno fatto parte della fisicità del santo di turno, vengono proposte alla venerazione del popolino ignorante, facendo credere di poter ottenere da quella semidivinità chissà quali miracoli o grazie. Ora è il turno del personaggio più popolare degli ultimi decenni, Karol Wojtyla, papa per 27 anni, passato più volte per gli ospedali come paziente, dove qualche medico solerte o qualche suora infermiera si è premurata di mettere da parte delle fiale di sangue prelevato per le analisi, al fine di farne una reliquia da esporre e far venerare dai fedeli. La teca con il sangue di Giovanni Paolo II, che nel giorno del funerale venne acclamato “Santo subito”, e poco tempo dopo, superando la normativa del Diritto canonico, è stato proclamato beato dal suo successore Benedetto XVI, sta girando per le località più disparate dell’Europa. E’ arrivata anche a Santo Stefano di Comelico lo scorso anno e in questa estate è approdata a Lorenzago, paese di villeggiatura per diversi anni di Wojtyla.
Lo svilimento della religione di Gesù Cristo a venerazione superstiziosa di feticci e reperti macabri del corpo decomposto di un uomo, seppur degno di grande stima e imitazione per la sua testimonianza del vangelo, è una profonda amarezza per quanti continuano a credere che il cristianesimo debba essere “spirito e verità”, che “la carne e il sangue non possono entrare nel regno di Dio (1 Cor, 15,50), che “è lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla” (Giov. 6,63). E invece i vertici della religione cattolica continuano a proporre gli schemi della tradizione più becera e ignorante, che mescola superstizione e fede irrazionale.
Possibile che da quel gesto simbolico di Gesù, inteso a dare il senso della coesione della comunità con lui e tra i membri, che è stata l’ultima cena, con lo spezzare del pane e la condivisione della stessa coppa del vino, si continui a far credere a bambini e adulti che prendendo la particola si mangia il corpo di Gesù e bevendo il vino si beve il suo sangue? E ancora si dà credito a quei cosiddetti miracoli, come quello di Bolsena, dove spezzando la particola un prete dubbioso ha visto uscire sangue che ha macchiato il corporale?
Ma quale fascino ha il sangue su questi uomini di religione? In una società moderna, che sa perfettamente cosa sia la sostanza organica che scorre nel corpo umano, come è possibile che ancora si propagandino reliquie come il sangue di Wojtyla, il sangue napoletano, con il trucco dello scioglimento, di San Gennaro, le stimmate sanguinolente di San Pio da Petrelcina? Ma ancora peggio le storpiature sullo stesso Gesù, di cui si venera il Sacro Cuore, il Preziosissimo Sangue, la Sindone con le ferite impresse sul lenzuolo funerario. Una religione che venera il sangue ha qualcosa di vampiresco che razionalmente respinge, non attrae per conoscerla più in profondità. Questi Dracula in veste talare si pongono mai il problema di quanto distante sia la loro proposta di religione cattolica dall’uomo contemporaneo? E non si sentono i primo responsabili dell’oscuramento dello stesso messaggio di Gesù Cristo, proprio a causa delle superfetazioni superstiziose e imbroglione che si sono accumulate nei secoli?
Avessero da leggere e meditare i grandi teologi e testimoni del secolo scorso, come Dietrich Bonhoeffer: “L’uomo può vivere mondanamente, cioè liberato dai falsi legami e dagli intralci religiosi. Essere cristiano non significa essere religioso in un determinato modo, ma significa essere uomini”. La fede come libertà da una passato di falsità e di tradimenti del messaggio di Gesù.
La fede come superamento degli schemi di oscurantismo ideologico e di contrasto con la razionalità. La fede come cammino spirituale verso la pienezza dell’amore e dell’unità con il divino.
Una Chiesa che ancora si affida alle reliquie, al sangue e altri elementi organici di cadaveri è destinata a diventare essa stessa cadavere.
Lucio Eicher Clere